Sicurezza stradale in Europa: calano i decessi, ma non i feriti gravi

Sicurezza stradale in Europa: calano i decessi, ma non i feriti gravi

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Secondo il report dell’ETSC, che analizza la sicurezza stradale in Europa, nel 2023 più di 20.400 persone hanno perso la vita in incidenti stradali nell’UE, con i feriti che ammontano a 1,29 milioni di feriti, di cui 141.000 con lesioni gravi

Come va la sicurezza stradale?

Il PIN Flash 48 dell’ETSC (European Transport Safety Council) rappresenta un barometro piuttosto attendibile della sicurezza sulle strade dei Paesi dell’Europa. Una prima cosa che possiamo dire analizzando il report (QUI il documento completo) è che l’obiettivo di dimezzare il numero delle morti e dei feriti gravi entro il 2030 è ancora molto lontano.

  1. I dati parlano chiaro: occorre cambiare passo e considerare la safety road come elemento fondante di ogni politica di mobilità, urbanistica e industriale.

La vera sfida non è solo tecnologica o infrastrutturale ma culturale. Ridurre la gravità delle conseguenze di un errore umano è possibile ma serve una visione condivisa, investimenti mirati e il coraggio di adottare misure che salvano vite. Anche se impopolari come la zona 30, che ha suscitato tante polemiche politiche.

I decessi calano, ma i feriti restano un problema

Su decessi e sinistri mortali sono stati fatti progressi significativi – anche se disomogenei tra i vari Paesi – ma il calo delle lesioni gravi è molto più lento. Ciò mette a rischio l’intero percorso verso il traguardo fissato per la metà del decennio.

Secondo i numeri che emergono dal report dell’ETSC, nel 2023 più di 20.400 persone hanno perso la vita in incidenti stradali nell’Unione Europea, mentre i feriti ammontano a 1,29 milioni, di cui 141.000 con lesioni gravi.

Un dato che, in proporzione, supera di gran lunga quello dei decessi e che per troppo tempo è rimasto marginale nel dibattito pubblico.

I limiti nella raccolta e nell’analisi dei dati

Uno dei principali ostacoli per attuare un’efficace strategia di prevenzione delle lesioni gravi è la mancanza di dati affidabili e omogenei tra i diversi Stati membri.

Le definizioni e i criteri di classificazione non sono uniformi. Solo alcuni Paesi, tra cui Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio e Svezia, utilizzano il criterio MAIS3+ (Maximum Abbreviated Injury Scale), il quale identifica una lesione grave a partire da un livello 3 su 6 nella scala di gravità.

In molti altri contesti, i dati si basano ancora esclusivamente sui rapporti della polizia o sulle auto-segnalazioni ospedaliere, che non sempre sono integrate. La conseguenza è un’enorme sottostima del fenomeno, che rende più difficile indirizzare risorse, politiche e campagne mirate.

Chi sono le vittime?

L’analisi dell’ETSC evidenzia che le persone più colpite dalle lesioni gravi sono gli utenti vulnerabili della strada:

  • ciclisti rappresentano il 25% delle persone gravemente ferite, pur essendo coinvolti solo nel 10% dei sinistri mortali;
  • Gli anziani e i bambini sono sovra-rappresentati nelle statistiche, spesso a causa dell’inadeguatezza delle infrastrutture urbane e della scarsa protezione in caso di impatto;
  • Il 66% delle vittime gravi è di sesso maschile, con picchi dell’81% in Paesi come la Grecia.

Molti degli infortuni più severi avvengono in ambito urbano, su strade dove la convivenza tra diverse tipologie di utenti (automobili, bici, monopattini, pedoni) non è sufficientemente regolamentata o protetta.

L’approccio “Safe System”: un nuovo orizzonte

Il documento PIN Flash 48 caldeggia l’adozione e la promozione su scala europea dell’approccio “Safe System”, già in uso in Paesi virtuosi come la Svezia e i Paesi Bassi. Si tratta di un modello olistico, che parte da un assunto fondamentale: l’errore umano è inevitabile, ma il sistema deve impedire che questi errori causino morte o lesioni gravi.

I cinque pilastri del Safe System 

  1. Velocità controllata e contestuale
    • L’introduzione di limiti di 30 km/h in aree residenziali e nei centri urbani densi è ritenuta cruciale per contenere l’energia degli impatti (in Italia i dati sono confortanti).
  2. Infrastrutture sicure
    • Serve una revisione dell’infrastruttura stradale, con interventi mirati a separare fisicamente i flussi tra veicoli e utenti vulnerabili, proteggere gli attraversamenti pedonali, migliorare la visibilità e la segnaletica.
  3. Veicoli più sicuri
  4. Utenti più responsabili
    • L’educazione stradale deve evolversi: servono programmi continui di formazione, campagne di sensibilizzazione e un utilizzo intelligente delle tecnologie digitali per il controllo dei comportamenti a rischio (uso del telefono, mancato rispetto dei limiti, guida in stato alterato).
  5. Risposta post-incidente efficiente
    • I tempi di soccorso variano drasticamente tra Paesi UE, da 18 a oltre 50 minuti. Serve un coordinamento migliore tra servizi di emergenza, ospedali e forze dell’ordine.

Sicurezza, le raccomandazioni dell’ETSC agli Stati membri

Per accelerare il cambiamento e rendere concreto l’obiettivo della Vision Zero (zero morti e feriti gravi), l’ETSC suggerisce ai governi nazionali di:

  • Adottare piani nazionali di riduzione delle lesioni gravi con target specifici e monitorabili.
  • Utilizzare indicatori chiave di performance (KPIs) per la safety road, tra cui velocità medie, tasso di uso delle cinture, copertura dei soccorsi.
  • Integrare e armonizzare i dati tra polizia e ospedali, promuovendo l’uso universale del criterio MAIS3+.
  • Potenziare le politiche urbane per la sicurezza della mobilità dolce.
  • Offrire incentivi ai veicoli più sicuri e aggiornare le norme per rendere obbligatorie alcune tecnologie ADAS su tutta la gamma venduta.